venerdì 15 aprile 2016

Per non perdere il segno

Sarebbe facile se funzionasse sempre come per i libri.
Leggi ovunque, in tram, sul treno, sul cesso, sull'uscio della soglia da varcare, poi bo succede qualcosa, hai un imprevisto, ti squilla il telefono o ti citofona il postino e tu fai una linguetta in cima alla pagina, per non perdere il segno, chiudi il libro, fai quello che devi fare, ritiri la raccomandata, è una multa, cavoli, vai la paghi, torni e quando riapri il libro, tac, linguetta e pagina.
Facile.
Come tutte quelle volte che tornavo dall'Università allora il primo cappuccino era da Joe, e sapevo già che mi avrebbe chiesto "how are you?", sorridendo tra i baffi, con quella voce che adesso che ci penso ricordo perfettamente, ed allora io avrei risposto sorridendo "I'm fine, thank you. And you?". E poi continuava ancora un pochino, lui mi preparava il cappuccino, senza fretta, parlando di me, delle città, dei pensieri, che se volevo per il giorno dopo il cornetto al cioccolato glielo dovevo dire, me l'avrebbe messo da parte.
Era il suo modo, uno dei tanti, per dirmi che mi voleva bene. Avrei fatto la linguetta su quella pagina lì, per aprirla ogni volta, ed ogni volta ancora, al mio rientro.
Ho imparato qualche parola in inglese in più, sai? Ah, quel viaggio a New York è stato fantastico. Avrei voluto parlartene.
Ho fatto come mi hai detto tu: quella tessera che valeva una settimana per visitare più musei. Avresti dovuto saperlo ed io avrei dovuto dirtelo.
Libro. Linguetta. Tac.
Ogni volta che riparto, scorrerei in avanti tutte le pagine dei saluti.
Tanto so la scena che viene, che scena è.
La scena dei magoni mascherati.
Il bacio alle nonne del giorno prima, che ti abbracciano come se volessero strapparti un pezzettino di maglietta, o farti cambiare idea.
O che sali con nonchalance sul treno, quella nonchalance che ormai hai perfezionato in anni e anni e anni di allenamento,o oltrepassi la linee dell'imbarco, e saluti ridendo, fai ciao ciao con la manina. Che va tutto bene. Che a piangere no, piuttosto ti mordi la lingua o il labbro inferiore forte forte forte, come direbbe la Carrà.
E poi, girato l'angolo, accesi i motori, sei tu, da sola, anche se sola non sei.
E in culo la nonchalance, in culo gli addominali emotivi che mi son fatta a suon di allenamenti, da serie da 50.
Si, metterei il segnalibro due o tre pagine più in la.
Linguetta. Libro. Tac.
Ora so già che qualcuno mi dirà (vi prego, fermatevi prima) quelle cose del tipo: la vita è un libro, sfogliarlo è qualcosa, sfogliarlo in modo figo è vivere.
Non me la ricordo neanche bene.
No la vita non è un libro.
C'è il sole. Scappo. Corro a prendere Giacomo.
Metto il segno, nel caso domani piovesse e volessi sudare di questo primo caldo d'aprile ancora per un po'.
Linguetta.

2 commenti:

  1. Le parole appena pronunciate muoiono quelle scritte restano. In una cartellina verde una piega "leggere parole leggere" scritta tra una parola e l'altra tra un piattino e l'altro a riempire una pancia nella pancia della Mole. Poi passano i giorni e apro la cartellina, il pc, il mio blog, il tuo blog e comincio a leggere parole leggere. Bravissima. Mi piace molto...ti seguo...

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